17 novembre, 2006

Pedalate!



Ciao Mondo.

In questi giorni si fa'un gran parlare di videogames e delle relazioni di questi con la morale comune e con l'inoculazione nel cervello dei gamers del germe della violenza o di altri caratteri sociopatici quali l'erotismo morboso spesso violento o considerato contro natura o l'abuso di psicotropi.

Il gioco più bersagliato dalle critiche negative, tanto da indurre il governo a prendere in considerazione l'idea di istituire una commissione di sorveglianza sui titoli da sala giochi, è 'Rule of Rose' (che ovviamente sto scaricando da e-Mule ;-)).

Non vi racconterò com'è il gioco o di cosa tratti (potete vederlo sul sito ufficiale); voglio focalizzare la vostra attenzione su altro.

Credo che la violenza sia un carattere tanto presente nella natura umana che laddove non venga autonomamente esternata mediante il passaggio all'atto (che si tratti di violenza fisica o che si presenti in altre forme) essa resti latente e pronta ad esplodere come una mina il cui filo d'inciampo venga appena accarezzato dalla giusta 'pressione'.
In soggetti psicolabili quali bambini, minorati, ecc. un prodotto multimediale (quindi anche un libro, un fumetto o una canzone) 'normale' ma ad alto contenuto di violenza o che comunque possa'turbare' il soggetto con contenuti erotici leciti o meno che siano, può generare disturbi tali da indurre a schizofrenia o più semplicemente incitare a livello inconscio a commettere efferati crimini o, più generalmente, gesti violenti. E' proprio il passaggio all'atto che pone la differenza tra normalità ad anormalità, portando alla luce quanto di peggio ristagni nel cervello e nell'anima di una persona. Questo è finalmente l'effetto da condannare e punire o curare. In soggetti sani questo non dovrebbe accadere.
Qualora il prodotto non fosse catalogabile come 'normale' inquanto contenente artifizi tali da indurre un soggetto normaloide a comportamenti atipici, ad esempio contenuti subliminali, esso già ad oggi viene considerato illegale dalla nostra giurisdizione seppur con molteplici eccezioni.
La legge pone inoltre regole ferree sul buongusto ed il buon costume, sulla morale e soprattutto sul comune senso del pudore. Tuttavia la maggior parte dei prodotti passa il vaglio della censura subendo nella migliore delle ipotesi un: 'Vietato ai Minori di 18 Anni', inutilmente appiccicato alla custodia originale del media. Ovviamente una percentuale enorme di utenti accede a questi titoli per vie che non contemplano l'utilizzo di misure di prevenzione tanto efficaci al supermercato...
Alcune delle persone che più mi sono vicine, sostengono che l'utilizzo della censura atta a bloccare tali contenuti plasmando in tal modo una sfera protettiva intorno alle menti più facilmente suggestionabili, sia lecito. Io sono invece di tutt'altro avviso. Sostengo anch'io che una forma di controllo sia quanto meno utile se non necessaria. Tale organismo di controllo deve però rispondere a caratteristiche non aggirabili quali un'elevatissima competenza non tanto in ambito psicologico e psichiatrico (comunque indispensabile) quanto in ambito socioetico, tecnologico e mediatico, oltre che ovviamente in ambito legale. E'assolutamente doveroso applicare la censura solo come misura eccezionale ed al fine di evitare inconvenienti gravissimi e certi, come ad esempio un incidente diplomatico tra differenti nazioni, piuttosto che manifestazioni di isteria collettiva, lasciando a tutti la libertà di attingere ad ogni genere di substrato culturale, anche il più perverso.
Sono convinto che alla base di una non corretta interpretazione dei contenuti mediatici a cui sono spesso passivamente sottoposti gli individui più fragili ci sia una profonda non curanza da parte di chi su di essi eserciti la piena responsabilità.
Reputo grossolano il modo in cui tutte le principali testate informative e tutte le associazioni per la difesa del consumatore, abbiano colto il caso 'Rule of Rose' come vessillo di una crociata catto-moralizzatrice che mirerebbe all'anientazione nazista di tutto ciò che suggerisce prospettive antisociali. Questi aspetti fanno parte della natura umana e per questo motivo godono di libertà espressiva anche se limitatamente al target a cui sono indirizzati e nel pieno rispetto delle libertà altrui. Sono, secondo me, i genitori, gli insegnati e gli educatori (inteso in senso allargato) che hanno il dovere di tutelare la salute mentale dei loro figli, alunni o utenti seguendoli nelle scelte, nel gioco e nella crescita caratteriale. Certo mi rendo conto che non sia facile soprattutto laddove non sia la volontà deficitaria ma il tempo che resta ad un papà dopo una giornata lavorativa. Tuttavia penso anche che quando da piccolo mio padre mi vedeva in difficoltà, prima di passare alla consolazione, mi diceva: "Hai voluto la bicicletta? Ora pedala!".... avete voluto mettere al mondo, questo mondo, i vostri figli? Ora pedalate!
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1 commento:

Anonimo ha detto...

L'argomento sembra affrontato da più punti di vista e ritengo pertanto di poterne condividere le conclusioni... eccezion fatta per "il tempo che resta ad un papà dopo una giornata lavorativa"!
Sorvolando sulla sottigliezza della sola figura paterna interessata all'educazione di un ragazzino, così come al fatto che solo il papà vada a lavorare tutto il giono e sia quindi stanco al suo ritorno... vorrei in realtà sottolineare come il fondamentale problema di "mettere al mondo, (in)questo mondo, i vostri figli" sia di fatto riconducibile alla poliedricità dei problemi da affontare!
Ci saranno sempre più ragazzini con problemi psichiatrici non perchè i videogiochi avranno condizionato le loro "fragili" menti, ma perchè i loro genitori non hanno pensato (a tempo debito che mettere al mondo un figlio fosse un LAVORO QUOTIDIANO, UNA FATICA ENORME, una richiesta costante di "DETERMINAZIONE"... insomma UN CULO BESTIALE!
Purtroppo è molto più semplice nascondersi dietro alle "tentazioni demoniache" dell'odierna società, piuttosto che ammettere di aver messo al mondo una creatura "per vivere l'esperienza della gravidanza", "perchè ad un certo punto mancava solo un figlio","perchè certe cose le capisci solo se hai un figlio"...
Condivido pertanto lo slogan: ORA PEDALATE! Magari un giorno "pedalerò" anch'io, ma dopo aver controllato bene i freni, i pedali, le gomme, etc...Per ora faccio il gommista e mi basta!!