02 novembre, 2009

Quante volte?

Quante volte ancora, un paese riconosciuto come 'civile', 'sviluppato', 'moderno'...
...ahh... al Diavolo! Volevo iniziare questo post(ino) con una bella frasona super retorica ad effetto sicuro... ma non ce la faccio. Questa volta no. Non serve.
I media ci abituano al peggio. Massacri ruandesi, pestaggi sudafricani, linciaggi tibetani, bombe, spari, coltellate, massacri vari... sappiamo tutto o comunque molto su carceri senza uscita per dissidenti politici o terroristi, su argentini volanti lanciati vivi dagli aerei o dalle finestre dei tribunali, su anarchici impenitenti e quant'altro... su ogni genere di orrore perpetrato in posti più o meno vicini a noi in modi che ci appartengono culturalmente o dei quali non avevamo percezione, idea, fino al momento in cui ne abbiamo letto su un giornale o visto in tv... ora... è successo di nuovo.

Un ragazzo è stato massacrato di botte.
Arrestato per possesso di marjuana.
20 grammi.
Valore al dettaglio inferiore ai duecento euro.

Massacrato per duecento euro.

O perchè ha risposto male alle Forze dell Ordine(?), o perchè... dio, mio, se anche fosse stato uno squilibrato, un violento... molto più che un teppistello di provincia qual'era probabilmente o un piccolo pusher... un vero e proprio Boss magari... 20 grammi d'erba... hanno pubblicato le foto post-autopsia.

Ho scelto di non pubblicarle nel mio post. Non serve. Lo sciacallaggio è prerogativa dei mezzi informativi ed il mio blog non vuol'esserlo, non ne ha nè le potenzialità nè l'ambizione.

Chiedetevi quanto costi ad un padre dire "Sì, pubblicate quelle foto".
Non è necessario essere un medico per capire che non ci si riduce così "cadendo" da una scala. Forse cadendo dalla stessa scala... venti volte di seguito ed in modi e posizioni diverse... ma neanche.

L'hanno picchiato. L'hanno massacrato fino all'ultima scintilla vitale.

Riporto un articolo tra i tanti:

Stefano Cucchi è stato arrestato nella notte fra il 15 e il 16 ottobre. E’ morto una settimana dopo. Cosa sia successo, in questo intervallo, nessuno lo sa. La famiglia ha diffuso le foto scattate dopo l'autopsia. Sul cadavere ci sono segni di colpi e percosse, le arcate paretali sono livide, deformate, violacee.
Stefano che muore senza un perché
Stefano muore. Come Federico Aldrovandi, come Aldo Bianzino. Muore non di morte naturale, ma di morte violenta.


Stefano Cucchi. Le foto sono state portate in redazione di “Il Fatto”, dopo la conferenza stampa della famiglia, Caterina Perniconi e Silvia D’Onghia, che ha ricostruito una piccola grande storia dell’orrore, quella di un ragazzo morto dopo un arresto perché aveva con se 20 grammi di marijuana.

Stefano è stato picchiato. Stefano è stato lasciato senza cure. Stefano è stato lasciato solo. Non gli hanno permesso di vedere i suoi genitori, sua sorella nemmeno un minuto. Sono passati giorni e giorni e lui muore completamente sfigurato, dimagrito da 43 a 37 chili. Aveva 31 anni, lavorava col padre come geometra nello studio di famiglia. La sera del 16 Ottobre scorso si imbatte nei carabinieri che lo arrestano perché ha in tasca 20 grammi di marijuana.
Lo portano a casa sua per una perquisizione: sta ancora bene. Saluta suo padre all’udienza per direttissima del giorno dopo e già qui cominciano a vedersi dei segni sul suo volto. Ha il volto così tumefatto che viene visitato dal presidio medico del tribunale. Poi fa il giro del Fatebenefratelli per delle radiografie dove gli riscontrano delle vertebre fratturate.
Ma poi tutto diventa ancora più nebuloso, impercettibile e l’ultima immagine di Stefano è quella diffusa dai giornali oggi: un viso irriconoscibile, un corpo dove palesemente la violenza di qualcuno ha agito fino a renderlo esanime.
E ancora una volta tocca scrivere di storie di brutalità, di pestaggi e di chissà cosa d’altro non provocati da risse tra bande rivali come le “gangs of New York”, ma avvenuti nel mentre il giovane arrestato è appunto in potere dello Stato, nelle sue mani, nella sua – così dovrebbe essere – “custodia”.
E un detenuto, per diritto, è sacro, inviolabile, a cominciare dalla fase degli interrogatori: la Costituzione, quella stupenda carta che diventa sempre più “straccia” a causa delle politiche delle destre e del ritorno di fiamma conservatore e xenofobo di tanta parte del popolo italiano, non consente non solo atti di violenza, ma neppure atti moralmente offensivi, ossia insulti e schernimenti che ledano la dignità del presunto reo.
Sappiamo benissimo che questa parte della Costituzione è nei record di violazioni quotidiane. E sappiamo benissimo che è nel triste DNA del cameratismo poliziesco, in quella beffarda definizione di “forze dell’ordine”, una costante propensione all’utilizzo di mezzi e parole che sono violenti, che sono intimidatori, che sono tutto tranne che i termini di garanzia previsti per un arrestato.
Stefano muore, dunque. E questo è il fatto. E muore senza un perché, visto che non è ammissibile finire in una bara per la detenzione di 20 grammi di “Maria” e che neppure la peggiore delle leggi proibizioniste avrebbe come pena la morte per un fatto simile.
Eppure Stefano muore. Come Federico Aldrovandi, come Aldo Bianzino. Muore non di morte naturale, ma di morte violenta. E allora, la domanda dei genitori e di sua sorella è un dito puntato davanti agli occhi dello Stato: “Chi ha ridotto così il nostro Stefano?”.
Qualcuno, per favore, risponda. Lo faccia lei Signor Presidente della Repubblica, perché noi, come vede, scriviamo questi articoli come epigrafi sulle tombe di giovani ragazzi che non possono essere uccisi dalla Repubblica, dalle sue Istituzioni, dai suoi Enti che devono invece prendersi cura dei cittadini tutti, delle cittadine tutte.
Dove nasce la violenza che uccide Stefano, che ha ucciso Federico e che ha messo a termine la vita di Aldo e, tanti e tanti anni fa, anche quella di Franco Serantini, di Giorgiana Masi…
Certo, erano tempi difficili quelli, gli anni ‘70 “nati dal fracasso”, quelli dove lo scontro politico era acceso. Non era e non dovrebbe essere stato mai un alibi per picchiare a morte Franco e lasciarlo morire in un coma solitario nella cella quel 7 Maggio 1972…
Ora parliamo di un ragazzo fermato perché i carabinieri trovano su di lui un po’ di “erba”. E’ possibile che da un arresto ne derivi una morte? E’ inaccettabile, impossibile da concepire, e per questo muove al ribollire del sangue e all’indignazione di ogni poro della nostra pelle il fatto che Stefano non ci sia più.
Che tipo di gestione dell’ordine pubblico si è venuta formando in questi anni in Italia? Quale linea è stata oltrepassata? Di sicuro una linea legale se si guarda alla Costituzione, non se si mette lo sguardo alla repressione sulle droghe leggere equiparate a quelle pesanti, e se si tratta come un pericoloso spacciatore un giovane di 31 anni che rientra a casa all’1.30 del mattino e che, a vista d’occhio, non sta facendo nulla contro persone o cose.
E, comunque, dopo averlo fermato, il potere non è ancora contento e si accanisce su di lui, lo fa diventare un mostro o qualcosa di simile. Forse così lo vedono i suoi aguzzini. Forse così lo vedrebbero anche molti ignoranti e bigotti sostenitori dell’ordine, della sicurezza e della disciplina.
Bell’ordine, bella sicurezza, bella disciplina! Che uccidono un ragazzo, che negano una giovane vita, che violano quella Legge (con la “elle” maiuscola!) che tanto esaltano come principio assoluto di giustizia.
Ed invece Legge e Giustizia molto spesso sono compagne separate, che si incontrano incatenate dalla volontà di un codice, ma non da quella della verità.
I genitori e la sorella di Stefano, ma pure noi tutti, abbiamo bisogno di sapere, di conoscere chi lo ha ucciso, come questo sia avvenuto e cosa abbia mosso alla violenza efferata che ha reso il sorriso di un trentunenne una mesta, triste apertura di labbra che sembrano chiedere un ultimo disperato tentativo di aiuto.

Marco Sferini
Savona, 30 ottobre 2009


...ora cosa succederà? Niente. Ovvio. Individueranno i partecipanti al massacro (mentre scrivo vengono pubblicate le prime notizie relative a presunte intercettazioni telefoniche tra i poliziotti della penitenziaria), li puniranno con qualche tipo di 'ammenda', 'sospensione', 'blocco della carriera'... MAGARI qualche giorno di carcere... fine. Nulla che in alcun modo possa cambiare anche solo un po' questa cultura infame. Nulla che possa dare anche solo una remota speranza che le cose cambino.

Cedo alla lusinga della legge "del taglione". Prendete i poliziotti e pestateli fino ad un passo dalla morte. Poi curateli in pubblico. Obbligate i loro colleghi a percepire il terrore portato dal dolore fisico e dall'isolamento.

Scommettiamo che se lo fate servirà a qualcosa?

Tutto il mondo è paese... queste cose non succedono solo da noi... vero.
Ma è anche vero che siamo tra i più vivi sostenitori delle campagne contro la pena di morte... che additiamo i paesi/boia come assassini... che vantiamo un retaggio culturale pari solo alla nostra tracotanza.

...noi non applichiamo la pena di morte. Uccidiamo direttamente in cella o nei sotterranei dei nostri carceri o negli spazi definiti dalle loro stesse menti, i nostri "delinquenti"... sessanta suicidi l'anno in carcere a fronte dei 2200 totali nel nostro paese), 2/3 dei detenuti sono in cella in attesa di giudizio, quindi sono "ancora" innocenti... ma non importa. Non in un Paese dove il Premier dice "non mi dimetterò anche se vengo giudicato COLPEVOLE"... il lodo Alfano? A cosa serviva già?... :-), non in un Paese dove il Parlamento è indagato o già condannato nella sua quasi totalità e dove il 55% dei Parlamentari tira cocaina come un aspirapolvere... loro però non li arrestano e sicuramente non li picchiano...
non fino a quando preferiremo il Grande Fratello a Report... ecc... ecc... ecc...

bye!

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